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giovedì 6 ottobre 2016

EL TOPO di Alejandro Jodorowsky

Un abilissimo pistolero, soprannominato El Topo, lascia il figlioletto Miguel in una missione francescana e accetta, per amore di una donna, di misurarsi in duello con quattro maestri invincibili. Li batte, ma lei lo tradisce sparandogli al petto. Quando il pistolero si risveglia è all’interno di una montagna, dove è stato trascinato da una comunità di essere deformi. Inizia per lui una nuova esistenza. Preso il nuovo volto di un bonzo, El Topo diventa il loro protettore e gli promette di portarli alla luce del sole iniziando a costruire una lunga galleria. Con una ragazza nana esce dal loro rifugio sotterraneo e diventa giocoliere nella vicina città, dove una sonnolenta e ridanciana borghesia copre a stento, sotto il velo dell’onorabilità, il razzismo più esasperato, la sessualità più aberrante e una religiosità da invasati. Ultimata la galleria, l’esercito degli esseri deformi può finalmente uscire dalle tenebre e precipitarsi dalle falde della montagna verso la città. La borghesia è schierata con le armi in pugno pronta a decimarli.
Un pistolero vestito di nero e un bambino nudo cavalcano insieme nel deserto. Il padre ordina al bambino di seppellire nella sabbia il suo primo giocattolo e la foto di sua madre. Un rito iniziatico che segna il passaggio dall’infanzia all’età adulta. È l’incipit di El Topo, il singolare western che pose all’attenzione internazionale lo Jodorowsky regista. Alla sua uscita il film suscitò un grande interesse per il suo essere prototipo del western anarco-surreale.
Oltre la violenza ritualizzata di Sam Peckinpah, l’humor e il grottesco di Sergio Leone, il surreale ascetismo di Luis Bunuel, il carnascialesco e arcaico universo di Federico Fellini, il regista cileno nel suo film traccia un apologo sulla sopraffazione e sull’arroganza del Potere, che si può sconfiggere solo attraverso la sofferenza, la morte, la rigenerazione e la rinascita (ovvero la rivoluzione). In principio l’eroe deve sfidare e uccidere altri quattro pistoleri per dimostrare di essere il migliore conquistando così l’amore di una donna. Una volta ucciso per mano della stessa donna che ama, El Topo rinasce nei panni di un mistico briccone che guida il popolo di nani, storpi, uomini senza braccia e senza gambe, all’esterno del loro mondo sotterraneo verso l’integrazione vale a dire una civiltà brutale che non esiterà a sterminarli. Guida spirituale del diversi, il pistolero-bonzo, il buffone-saggio si immolerà alla fine del film passando la sua eredità spirituale alla moglie e al figlio ritrovato. Tragedia e anarchia, mito e rivoluzione, paganesimo e Sacre Scitture, classicismo e surrealismo, performance artistica e azione cinematografica. El Topo alterna sequenze desolate e pauperistiche, a scene di massa che culminano in un caos visivo, in una commedia umana degradata e decadente, rappresentata da baldracche e giustizieri invasati seguaci di una religione che ha come simbolo un occhio inscritto in un triangolo, pronta ad uccidere con efferatezza coloro che ritiene nemici. 


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